Gignese – Chiesa Madonna del Sasso
La storia del santuario della Madonna del Sasso è legata al torrente Erno ed alle sue piene. La leggenda sulle sue origini è conosciuta in varie versioni; il De Vit la racconta così:
« Un enorme sasso staccatosi dall’alto stava per precipitare sopra un certo De Filippis da Gignese che in quel momento passava per d» là, quando all’invocazione della B. Vergine tutto di un tratto si arrestò.
A sfogo di grato animo quagli fece tosto dipingere su quel sasso l’immagine della B. Vergine del Rosario. La leggenda ivi sottoposta ci fa sapere, come allora corresse l’anno 1684.
Gli abitanti di Gignese, che nei loro bisogni più volte processionalmente ad essa accorrendo ne sperimentarono il patrocinio, l’anno 1860 fecero erigere sullo stesso luogo una cappella, nella quale rimase rinchiusa la detta immagine »La data 1860 è relativa ai lavori per l’altare e restauro della Cappelletta, promossi dal parroco Bottelli.
Verso il 1910 si cercò di tagliare il masso recante la sacra effige, ma questo rovinò nel torrente; « nel 1911 si è deliberato dalla Fabbriceria Parrocchiale di adattare il sasso, o meglio la rovina, ove era caduto dalla parte della strada, in modo che l’Immagine antica fosse pienamente agibile, e la cappella chiuderla da nuovo muro a mezzanotte entro in una roccia a formare una nicchia aperta, e decorare pareti e volta ».
La cappella fu inaugurata la sera del 14 luglio 1912, con trasporto in processione di una statua della Madonna di Lourdes offerta dal parroco. L’alluvione del 1924 rese pericolante la cappelletta, e la statua della Vergine ritornò in S. Rocco. Nel 1925 si iniziarono i lavori per un oratorio posto più in alto e di qua del torrente. Il 24 maggio 1926 tali lavori erano ultimati e la statua della Madonna fu portata in processione nel nuovo tempietto: « la cappella fu fatta a grotta, per ricordare l’antica, con portico solo e non con muro pieno, sembrando più poetica così, e schivando maggiori spese.
Don Picena vi appose il proprio nome, « perché responsabile lui di tutte le spese, e perché mai di tutte le spese fatte a Gignese, nessuno pensò mai di dargli o lode o approvazione almeno »! Caro don Picena, nemmeno questo gli sopravvivrà. Il suo successore, Don Prandi, avuto riguardo per la devozione che il popolo di Gignese conservava per l’antica immagine rimasta sul greto del torrente, promosse la costruzione dell’attuale santuario, con il recupero del masso. Questo fu fatto restaurare dai figli di Giovanni De Giacomi, con l’intervento del pittore Onedi; generoso fu il contributo del cav. Santo Rampone. La costruzione fu affidata all’impresa Ranisi; l’inaugurazione è del 7 agosto 1939.
La campanella che occhieggia nel grazioso campanile proviene dall’ex cappella Marezzi, mentre la statua di S. Eurosia, dall’oratorio del Mettanone, fu donata dalla famiglia Borromeo.
– 7 AGOSTO 1939 – 7 AGOSTO 1989 – Le origini della Devozione.
La valle dell’Erno è come un’aperta ferita tra le morene scistose del Vergante. Incassata tra cupe pareti rocciose o tra più dolci declivi di boschi, è un luogo di profonde suggestioni, anche se gli arditi ponti che l’attraversano hanno messo nel dimenticatoio le vecchie mulattiere e i guadi malsicuri.Un tempo la memoria si fondeva con la magia dei luoghi per riannodare quel filo di mistero che legava ogni esistenza al suo destino; da qui sarebbe salito Genesio Dotti, per fondare il paese che da lui prese nome; e qui ancora avvenne il fatto miracoloso.
La strada dell’Agogna, che mette .in comunicazione le I “due riviere” del Cusio e del Verbano, fu sempre battuta da contadini, mercanti e pellegrini diretti ai sacri monti d’Oropa, d’Orta e di Varallo: luoghi di preghiera, santuari della sofferenza e della speranza.
Nel gran teatro di Varallo si racconta la vicenza di un Dio che si fa uomo e di una madre che lo piange morto. Così il contadino, che si riconosceva in questo scenario di dolore, vi trovava le ragioni per non disperare, fiducioso che il suo grido dolore, lanciato verso il cielo, avrebbe trovato ascolto. Quella madre che allattava il bambino, che lo stringeva amorevolmente al seno cullandolo sulle sue ginocchia, era una madre a cui guardare con filiale fiducia. Ecco perché c’era sempre una Madonna ai crocicchi delle strade, sui colli, sulle sponde e presso i guadi dei torrenti. Ovunque ci fosse un pericolo, un passaggio obbligato o un punto di riferimento, là c’era la Vergine col suo divìn figlio a raccogliere le invocazioni di chi conosceva i pericoli e le insidie del mondo.
Preghiera alla Madonnina del Sasso
O Vergine Santissima,
che i nostri padri ti hanno venerata come Madonna del Sasso ascolta questa nostra preghiera:
siamo un piccolo nucleo di fedeli cristiani, che la Provvidenza di tuo Figlio ci ha posto in questo paese come segno della sua Chiesa a Gignese. Non ci è sempre facile vivere questo dono della fede, perché sono sempre tante le difficoltà della vita. Momenti di sfiducia nel bene, nella famiglia, nei figli; situazioni imbarazzanti tra di noi cristiani e il sacerdote; avvenimenti capitati negli anni passati, che hanno messo in contrasto gruppi di fedeli con i sacerdoti; e tante altre realtà, che fanno del nostro paese una identità difficile nel sua unità.
Fa che noi, chiamati a vivere la fede nella Chiesa divina, ci troviamo ad essere quel pizzico di sale evangelico e quella manciatina di lievito, di cui ha parlato tuo Figlio Gesù.
In questi giorni abbiamo posto la tua immagine nelle nostre case, come segno della nostra fiducia nella tua protezione materna. Difendici dal maligno, cioè dalla mentalità di peccato di questo mondo. Ti affidiamo i nostri figli; fa che ritrovino in noi genitori la speranza e la gioia di vivere. Aiuta ogni nostro sacerdote, che il Vescovo vorrà inviarci come nostro pastore parroco, ad essere segno del la Chiesa in mezzo a noi.
O Madonnina del Sasso, fa che la tua immagine, dipinta su quel granito della nostra montagna, non sia mai tolta da nessuna intemperie; ma che tu, con il volto sorridente di
madre, possa essere sempre tra di noi.
Amen.
Il Miracolo
Si era forse nell’anno 1648, quando un certo De-Filippis, che attraversava il torrente in piena, fu travolto dalle acque minacciose. Riuscito infine ad aggrapparsi ad un masso, invocò la Santa Vergine ed ebbe salva la vita. A ricordo della protezione accordata fece affigiere su quel masso di granito rosa l’ immagine della Beata Vergine del Rosario.
Così narra una delle tante versioni della leggenda; e tanto ci basta, perché spesso i dettagli sono soltanto un bisogno di curiosità, che distrae dall’essenziale. Il vero miracolo è quello dei valori che, come patrimonio comune, formano l’alveo per lo scorrere degli avvenimenti.
Così l’immagine sacra non scomparve. Altri sperimentarono il patrocinio della Madonna del Sasso e la devozione aumentò. Ad ogni attraversamento del torrente, un gesto di saluto e una preghiera, perché nessuno basta a se stesso.
La cronaca
Gli avvenimenti più vicini a noi nel tempo consentono invece di mettere a fuoco sia i tempi e le forme della devozione collettiva, sia i nomi e i volti dei protagonisti. Gli interventi sull’immagine si fanno via via sempre più numerosi e impegnativi.
All’affresco fu addossata una cappella o portichetto, forse nel 1860, a difesa delle intemperie. Don Pietro Bottelli, che fu vice-parroco di Gignese dal 1864 al 1879, per la celebrazione di funzioni liturgiche fece costruire un altare, benedetto dal prevosto di Cuggiono, don Francesco Castelnuovo.
Sappiamo che l’affresco era diverso dall’attuale, poiché nel bollettino “Genesium” del 1905 la cappelletta è così descritta ;
– E piccola, quasi disadorna, ma cosi poetica e parla al cuore colla semplicità che è propria ai più alti sentimenti. L’immagine di Maria dipinta coi santi rozzamente sul sasso sporgente nella cappella quasi a protendere la Dispensatrice delle Grazie, non si può certo dire artistica coi suoi toni freddi, coi suoi contorni duri ed anche i due affreschi coli’austera figura del Battista e quella mite di San Rocco hanno già perduto quell’espressione, che loro aveva dato l’artista; eppure hanno quell’arte che commuove,così come le rozze immagini delle catacombe, perché vi si scorge l’indelebile impronta della fede.
Si trattava quindi di un affresco di rozza fattura, con due santi diversi dagli attuali compatroni: S. Maurizio e San Desiderio. La presenza di S. Rocco, particolarmente invocato contro le malattie infettive, può far supporre che l’affresco fosse antico, forse seicentesco, ma non va dimenticato che proprio verso la metà dell’ottocento la devozione a San Rocco faceva mutare la dedicazione della chiesa di S. Maria in Eretta, che è al centro del paese. Lo stesso articolo del Genesium ci informa sulle Messe celebrate nella bella stagione così: “Nelle belle mattine d’estate è una festa il recarsi alla Messa alla Madonna del Sasso; la cappelletta è presto riempita, e chi arriva tardi si sofferma sul sentiero; è pittoresco e commovente quel gruppetto di gente, riunito da un solo pensiero in una prece sola; pare lo contemplino curiosamente anche i piccoli chierichetti dalle grosse scarpe montanine, dai giubbetti rattoppati e dalla faccia biricchina. “
Questo simpatico accenno ai chierichetti montanini e biricchini ci fa capire che il gruppetto di fedeli fosse composto dai villeggianti. Certo d’estate i contadini e gli alpigiani avevan da badare ai loro lavori, ma c’è anche da dire che in quel tempo il paese era profondamente cambiato. “Tra pochi anni il vero Gignese non esisterà più” scriveva Don Picena sullo stesso “Genesium”.
A pochi metri dalla cappelletta lavoravano un centinaio di minatori provenienti da varie regioni d’Italia e di idee socialiste. Il paese, svuotato dall’emigrazione, si riempiva di commercianti e di ville signorili; a gestire le lacerazioni di questa società in fermento campeggia la figura di un parroco indomito e travagliato, Don Giuseppe Picena. Con lui la storia della Madonna del Sasso scrive un nuovo capitolo; ma il protagonista vero è ancora l’Erno.
La prima Chiesetta
Il guado della cappelletta è sempre provvisorio. Più in basso c’è un vecchio ponte in muratura, solido e sicuro, protagonista di interminabili liti con Nocco. Ma il saliscendi sui tornanti è scomodo e faticoso, mentre la passerella della cappelletta è più agevole e battuta anche dai carri della miniera. Queste fragili strutture sono periodicamente travolte dal torrente che si scava il suo alveo senza tregua. Scriveva l’ing. Molinari nel 1905: “E’ noto a
Gignese che il blocco granitico della Madonna del Sasso era bagnato dall’acqua dell’Erno invece il letto del fiume è più basso di circa tre metri. Questa erosione fu prodotta dall’Erno in meno di 50 anni..
Una costante erosione rese pericolante la cappelletta nel 1909, così che Don Picena decise di tagliare il masso per non coinvolgere la cappelletta nel crollo. Quando nel 1911 il masso rotolò nel torrente, la cappelletta con ; l’immagine rimase così all’asciutto. Vennero intrapresi i . lavori di restauro affidati al capomastro Enrico Ferri per la parte muraria e al pittore armeniese Gaudenzio Zaretti per la pittura. Don Picena aveva portato da Lourdes” una statua della Madonna, che venne trasportata in processione nella nuova chiesetta la sera del 14 luglio 1912 con sparo di mortaretti e con accompagnamento della Banda Musicale dell’Istituto Franzi di Intra. La tragica alluvione della notte del 13 agosto del 1924, in cui persero la vita cinque persone, rovinò definitivamente anche la cappelletta sull’Erno. Il 5 ottobre, la statua della Madonna faceva ritorno in processione alla chiesa di San Rocco, “con voti e promesse di restaurare l’antico Oratorio o farne uno nuovo.” Prevalse la seconda ipotesi e Don Picena si diede da fare per raccogliere i fondi necessari per la nuova costruzione. Nonostante le recriminazioni e le delusioni del buon Parroco, si riuscì a mettere insieme i fondi sufficienti per una modesta cappelletta, che fu costruita di qua del torrente, in alto ai bordi della valle.
Nella festa dell’Immacolata del 1925, il capomastro Giovanni Battilotti posava la prima pietra del nuovo edificio, coadiuvato dal falegname Pietro Molinari e dal fabbro Giovanni Santini. La chiesetta, che fu benedetta il 24 maggio 1926, festa di Maria Ausiliatrice, era fatta a grotta, per ricordare la precedente cappelletta, “con ( portico solo e non con muro pieno, sembrando più poetica così, e schivando spese maggiori; liberi i parroci venturi di fare anche di più, come loro talenta”. ( E’ Don Picena che scrive così).
L’amarezza di Don Picena nel denunziare l’idifferenza e l’apatia della gente è travolta dall’euforia del suo successore, Don Giovanni Prandi, artefice dell’attuale Madonna del Sasso.
L'Attuale Santuario
La realizzazione di questo progetto fu agevolata da un insieme di favorevoli e particolari circostanze, nel nuovo clima sociale e di riconciliazione religiosa attuato dal Fascismo. Ma le motivazioni dell’iniziativa vanno ricercate ancora là, su quel masso in rovina, a cui s’era aggrappata la fiducia di tanta gente. A quell’immagine, più che al tempietto di Don Picena, era legata la gente, e questo Don Prandi lo capì.
Quando nel 1939 venne ultimato il grandioso e ardito ponte in cememento armato sull’Erno, la cappelletta restò fuori mano; ma il nuovo ponte consentiva però la realizzazione di un ardimentoso progetto: di costruire una cappella dove riporre il masso della Madonna del Sasso. Ciò che sembrava un dolce sogno, oggi col concorso della gente gignesina e villeggianti è consolante verità.” Così scriveva con palese soddisfazione Don Prandi al termine dei lavori, patrocinati dal cav. Santo Rampone, di autentica stirpe gignesina e ombrellaia. Una foto dell’epoca lo ritrae accanto al capomastro Andrea Ranisi durante la posa della prima pietra il taglio del masso, come dice una scritta, fu finanziato da “I figli di DE-Giacomi Giovanni”, il restauro all’affresco dell’immagine è firmato G.Onedi, pittore di Pallanza.
Ultimata la chiesetta, il masso venne trasportato a ‘ mezzo di un carro armato, in quell’anno a Gignese per manovre militari. “Le bronzee campanelle del grazioso piccolo campanile sono dono del compianto marchese Clemente Cusani Visconti; la statua di S. Francesco fu donata da sign. Francesco Tabarini, il papà del Settimo. L’altare in granito risale a non molti anni fa per la generosità di tanti devoti, sollecitati dallo zelante Achille Ricardi” Cosi scrisse il Dott. Bertone, attuale Sindaco di Gignese.
Ci fu anche per qualche tempo la statua di Santa Eurosia, dono del Principe Vitaliano Borromeo e proveniente dalla chiesetta omonima sul Mottarone; ora tale immagine è stata posta in chiesa parrocchiale.
L’inaugurazione della Madonna del Sasso si tenne in forma solenne il 7 agosto del 1939, e venne così ricordata sulle pagine del settimanale diocesano “Il Sempione”:
GIGNESE.
San. “Desiderio e la nuova Chiesa. Santuario della Madonna del Sasso solennemente inaugurata. — Due feste una ” più grande dell’altra, due veri trionfi di fede e di amore. Solennissima la festa di San Desiderio svolta il 6 Agosto.
Il Padre Giuseppe Sala del Collegio Rosmini di Stresa e nel triduo e nel panegirico’ del Santo, seppe con la sua erudizione affascinare l’uditorio che pendeva attento dal suo labbro. Le comunioni numerosissime, inappuntabile l’esecuzione con accompagnamento di violini della Messa prima Pontificale di Perosi, generosa l’offerta. Ma la festa più bella in quest’anno fu quella della benedizione e inaugurazione della nuova Chiesina Santuario della Madonna del Sasso, svolta il. giorno dopo. Anche il tempo che al mattino sembrava volesse guastare tutto, inquadrò con la sua serenità e bellezza la grande funzione. Commovente e superba la processione per il trasporto su autocarro sfarzosamente addobbato, delle due statue della B, V. di Lourdes e di S. Bernardetta dalla Chiesa parrocchiale al nuovo Santuario edificato a lato del ponte delle due Riviere. Il Corpo Musicale di Gignese, in unione con quello di Coiromonte accompagnò i canti sacri e diede una nota più solenne alla processione. Il Teol. Prof. Don Guido Tenerti procede alla benedizione della Chiesa e ricevette la ricca offerta di arredi sacri destinati alla medesima.
Seguiva il magistrale discorso d’occasione tenuto dal M. Rev.do Don Luigi Della Rossa parroco di Levo. La Messa solenne orchestrata del Perosi, fu ripetuta con la solita impeccabilità. L’asta dell’offerta animatissìma. Alla sera, dopo” i Vespri solenni, si chiuse la indimenticabile festa con illu-minazione e grandiosi fuochi d’artificio. La Madonna del Sasso ritornata sorridente tra i suoi figli in più bella e più nobil casa, benedica tutti i molti benefattori di questo Santuario e gli artefici di si bella festa. .
Ai lati dell'ingresso due scritte riassumono sinteticamente le vicende sin qui esposte. 7 Agosto 1939
IL MASSO VETUSTO, PORTANTE IN DEVOTA EFFIGIE
LA VERGINE CHE DA LUI S’APPELLA DONO’ LE PIETRE LA CONSUETA PIETÀ GENEROSA,
DEI SIGNORI NATIVI E VILLEGGIANTI DI GIGNESE VANTO INSIGNE
ASSIDUAMENTE VEGLIANTE IL CAV. SANTO RAMPONE LE PIETRE CON ARTE CONGIUNSE
A DEVOTO SANTUARIO PERCHE LA MADONNA REGNI E BENEDICA
DON GIOVANNI PRANDI ARCIPRETE DI GIGNESE NEL SUO DECENNIO PARROCCHIALE
QUESTO SANTUARIO VOLLE SUO DOMICILIO ALLA MADONNA DEL SASSO
ANTICA E MIRACOLOSA PELLEGRINA DAL SUO TEMPIETTO A VALLE
DISFATTO DAL TORRENTE IN FURIA PER GROSSO NUBIFRAGIO
14 AGOSTO 1924 MONUMENTO DI PIETÀ’ INSIGNE
DEI PADRI TRAPASSATI IN CRISTO DEI FIGLI CHE SONO A SEGUIRE FEDELMENTE L’ORME
Echi di festa.
Su un masso antistante la chiesetta c’è una targa con la scritta: -Prima festa campestre; 1947- I festeggiamenti alla Madonna del Sasso prevedono momenti di solenni liturgie con Messe, Processioni e preghiere, ma anche momenti di spensierata allegria. Dopo la Messa e l’incanto delle offerte la Banda cambia musica, e la gente si muove tra le bancarelle di dolci e giocattoli.
Oggi i riti di aggregazione sociale sono in crisi, ma un tempo la compagnia era ricercata e il buonumore contagioso. Su grandi tavolate con le immancabili tovaglie a quadretti rossi, si mangiava di gusto ciò che il convento passava, innaffiandolo col contenuto di inesauribili damigiane di ‘quello frizzante’.
Gli effetti del dono di Bacco si facevano presto sentire, con canti a piena voce per tutti i gusti e le tonalità, con accese partite alle carte o alla mora, coi ricordi del bel tempo che fu,…
I ragazzi invece partecipavano alle gare organizzate per loro: corsa campestre, corsa nei sacchi, pignatte, ecc. ; e c’era sempre un premio per tutti.
Al calar della sera, verso l’alpe Torona e la Cincina si accendevano i falò, che lanciavano vivide lingue di fuoco verso il cielo stellato.
Quando c’erano i soldi, c’erano anche i fuochi d’artificio: quelle girandole, le cascate, le esplosioni di mille colori che fanno stare la gente col naso all’insù per un pò: finché dura la vampata multicolore, mentre il botto dell’esplosione si perde lontano, brontolando tra una vallata e un’altra.
testo scritto da Vittorio Grassi ( primo cinquantenario della chiesetta della madonnina del sasso) don Virgilio a tutti i suoi parrocchiani
Testi e foto tratti dal libro “Leggende, memorie storiche, aspetti passati e attuali di un piccolo Comune di montagna” Agosto 1981