Formazione geologica
Su questo argomento, squisitamente tecnico, abbiamo ritenuto opportuno cedere la parola al gignesìno prof. ing. Francesco Molinari che, meglio di ogni altro, seppe illustrare, con amore e competenza, le lontane origini e la conformazione del nostro territorio.
I monti posti fra il Lago Maggiore e quello d’Orta, col Motterone, che erge la sua cima a 1.491 m. sul livello del mare, sono molto interessanti per il mineralogista e per il geologo. Il nucleo montuoso è costituito dal granito di Baveno, che forma il crinale roccioso superiore, sin verso la cima del Motterone, spingendosi poi al lago d’Orta. Sono di granito quei grossi blocchi che si scorgono sul Motterone e dintorni, sono di granito molti massi erratici sparsi qua e là sui fianchi dei monti, compresa la Pietra Papale, posta sopra Gignese presso l’Albergo Alpino. II granito è una roccia compatta formata di quarzo, felspato e mica con diversi minerali accessori, molto interessanti pei cristallografi, come: fluorite, stilbite, datolite, oligisto, eco. Il granito di Baveno ora è bianco, ora è roseo; in ogni caso è un eccellente materiale da costruzione per lavori monumentali. Sono di granito di Baveno le colonne di S. Paolo in Roma e quelle dei portici della Piazza del Duomo in Milano. Sopra i graniti si trovano gli schisti talcosi micacei, che si stendono, a guisa d’ampio mantello, da Stresa a Belgirate, a Brovello, Gignese, Coiromonte, sino al Lago d’Orta. Questi schisti presentano molte varietà ed incisioni profonde prodotte sia da spostamenti dovuti a cause telluriche, sia dal lavoro delle acque come ne fanno prova i torrenti: Fiumetta, Erno, Agogna. Le varietà più frequenti sono: gli schisti talcosi, micacei, quali si trovano in Tori, dietro la parrocchiale di Gignese; gli schisti rossastri ferruginosi della Madonna del Sasso; infine gli schisti compatti a frattura poliedrica, come quelli di Chesio. Un fatto interessante per chi studia i micaschisti del Mergozzolo è l’alterazione a cui vanno soggetti, sotto l’azione atmosferica e dell’acqua circolante nelle roccie, onde ne deriva uno sfacelo dei micaschisti e ne conseguono frane.

Le miniere di galena e blenda di Motto Piombino, quelle dell’Agogna, Alpe Feglio, Nocco e Brovello, sono filoni metalliferi, inclusi nei suddetti schisti; filoni prodotti molto probabilmente in concomitanza alla formazione dei porfidi che si trovano a S. Carlo di Arona ed al Monte Mesma. Alla zona dei porfidi sopra menzionati, che formano anche la torre di Buccione e si insinuano negli schisti sino presso l’Alpe Dentro, tengono dietro lembi di calcari a Cozzano, Lavorio. ed Arona, con fossili marini. Il calcare di Arona è una vera dolomia; si vede ben stratificato nelle cave di calce, sotto S. Carlo, in concordanza col calcare della rocca di Angera, col quale doveva essere congiunto in passato.
La chiesa di Cozzano sorge sopra un calcare rossastro, contenente molti brachiopodi, che sono conchiglie fossili marine. Tale è la serie dei terreni in ordine cronologico, dai più antichi ai più moderni. I graniti e i porfidi si ritengono di origine vulcanica; gli schisti ed i calcarei sono decisamente d’origine sedimentaria marina. Col Pemersione delle suddette rocce, il Mergozzolo e dintorni avevano quasi raggiunto la forma attuale, quando sopravvenne l’epoca glaciale a portare un gran cambiamento.
In tale epoca dobbiamo figurarci i ghiacciai alpini che scendevano imponenti ad invadere le pianure. In quell’epoca scendeva dalla valle del Toce un’enorme massa di ghiaccio, che urtava contro il Motterone; invadeva il bacino del Lago d’Orta, quello del Lago Maggiore, spingendosi sino oltre Arona e Sesto Calende. Nel bacino del Verbano si espandeva contemporaneamente il potentissimo ghiacciaio del Ticino, che sospingeva quello del Toce sul fianco del Mergozzolo sino all’altezza dell’Alpe del Giardino e della Tagliata, per declinare verso Invorio. Ora i ghiacciai sono confinati nei recessi alpini, dove si trovano in azione a fabbricare morene, coi caratteri ben noti ai geologi ed ai visitatori dei ghiacciai.
Le idee sovra accennate dell’invasione dei ghiacciai nel bacino del Verbano e sulle falde del Mergozzolo potranno sembrare ai profani un eccesso di fantasia. Per i geologi invece sono la spiegazione naturale di fatti attestati dalle morene bellissime, che si riscontrano sui fianchi del Motterone e giù degradando sino ad Oleggio Castello, per poi formare l’anfiteatro morenico di Sesto Calende.
E’ facile constatare che il terreno superficiale del Vergante è formato quasi interamente da masse caotiche, cioè: sabbia, ghiaia, pietrame, blocchi grossissimi, di carattere prettamente glaciale. I colli morbidi, ondulati che si staccano dai fianchi del Motterone per formare il crinale dell’alpe dell’Albero, la Motta Poronda, il Sciarrè sopra Gignese, poi l’alpe Sincinna, alpe Agogna, abbassandosi mano mano verso Sud, sono vere morene glaciali. Il Prato Fiorente, dove trovasi l’Albergo Alpino e le ville è una morena secondaria. Al ritiro dei ghiacciai tenne dietro il lavoro di degradazione sia meteorico, sia d’erosione delle acque; lavoro che ha provocato frane, spaccature, incisioni profonde come quelle dei torrenti Erno, Fiumetta, Cairega, presso il Panorama in territorio di Vezzo e Levo.
L’occhio intelligente può facilmente scorgere che il crinale sopra l’alpe della Sincinna è la continuazione del Sciarrè; che il torrente avanti il Panorama è la continuazione di quello di Levo. L’incisione, nel primo caso ricordato, è lavoro d’erosione dell’Erno; nel secondo, del torrente Cairega, che genera la cascata della Pissarotta, nel burrone del Roddo, presso Stresa.

Il pietrame delle nostre morene, come pure i massi erratici provengono dalla valle del Toce, del Sempione, Valle Antigorio, dal Monte Rosa, Val Formazza, e fu qui trasportato dai ghiacciai.
Tra i suddetti materiali si trovano pezzi di marmo di Ornavasso C molti blocchi granitici del sasso Camoscio, sopra Baveno, dei quali il più grosso è la Pietra Papale, già ricordata, che ha il volume di oltre me. 2.000. Nei pressi di Gignese si trovano altri massi erratici importanti, sul fianco del Sciarrè e cioè: il sasso Brissiga, quello del Cucù, quello dei Coroni, ecc.. La formazione delle morene produsse qualche volta dei bacini chiusi entro cui si raccolse acqua; così ebbero origine laghetti che più tardi si trasformarono in torbiere. Tali sono: il bacino torboso della Scoccia, quello di minore importanza che trovasi dietro la Cappella di Via Nova, la torbiera di Magognino e il fondo torboso di Graglia.II lavoro di erosione delle acque produsse incisioni nelle morene e nei micachisti, provocando anche frane, scoscendimenti. Così i bacini lacustri glaciali si vuotarono, dando luogo a torrenti. Chi desiderasse constatare il lavoro d’erosione dei tre torrenti, si rechi ad osservare l’Erno alla Madonna del Sasso e potrà facilmente persuadersi che il torrente va continuamente scavando il suo alveo. E’ noto a Gignese che il blocco granitico della Madonna del Sasso era bagnato dall’acqua dell’Erno; ora invece il letto del fiume è più basso di circa tre metri.Questa erosione fu prodotta dall’Erno in meno di 50 anni. Da questo fatto si può arguire che tempo addietro, molto remoto, il letto dell’Erno è il prodotto dell’erosione di questo torrente. Ecco in breve le condizioni geologiche dei dintorni di Gignese e del Mergozzolo. Molto dovrei dire sulla Miniera di Motto Piombino oggi esercitata dalla ditta Pucci Sery, sullo stabilimento idroelettrico a Capo di Ponte, presso Gignese, delle acque minerali, ecc.; ma lo spazio concesso ad un articolo di giornale non lo consente. Chi desiderasse aver più ampie notizie, venga a soggiornare un poco a Gignese, venga a respirare quest’aria balsamica, e allora potrà apprezzare meglio le bellezze e le condizioni geomineralogiche di questi luoghi.
Francesco Molinari
Testi e foto tratti dal libro “Leggende, memorie storiche, aspetti passati e attuali di un piccolo Comune di montagna” Agosto 1981