Incendi

La spada di Damocle che pendeva su questi villaggi, dove prevalevano i tetti in paglia, nonché topie (pergolati di viti), balconate in legno e fienili nelle cascine accanto alle case, era costituita dal pericolo degli incendi. Con i camini e i lumi a petrolio o ad acetilene, il fuoco era di uso quotidiano. Le cronache dei paesi del Vergante riportano frequenti e disastrosi incendi, che nel giro di poche ore gettavano nella disperazione e sul lastrico intere famiglie. Per Gignese non abbiamo notizie di incendi prima del 1851, ma il capitolo relativo al divieto di trasporto del fuoco, contenuto negli statuti del 1521, ci fa supporre che essi, in tempi e misure diverse, non abbiano risparmiato il paese. Il 16 giugno 1851, tale Giuseppe Bertoli chiedeva al comune il permesso di costruire una fornace per tegole in regione Turi, poiché “un quinto e più del paese era stato nello scorso inverno preda delle fiamme”. Più grave e documentato l’incendio del 1858, preceduto da una furiosa grandinata il 1° luglio. Val la pena di rileggere quanto scriveva il sindaco di allora, Michele Molinari, al vice intendente di Pallanza, in data 30 agosto:

— Il Consiglio delegato si trova nella dolorosissima circostanza di far conoscere all’Ecc.mo V. Intendente Provinciale le seguenti disastrose notizie. Essendosi ieri sera verso le ore dieci pomeridiane manifestato un incendio nella cascina coperta di paglia di Carlo Molinari, che alimentata dall’aria notturna in men di due ore distrusse da oltre 50 fabbricati in case, cascine coperte di paglia. I proprietari incendiati sono 39, e le famiglie danneggiate 46. Ben poco mobilio si potè salvare ed il raccolto consumò pressoché intero. Il danno non è ancora peritato ma vi si procede alla perizia. Niuna persona rimase vittima; abbruciarono però due capre, cinque bovine e ventuno pecore. Da circa dodeci famiglie furono ridotte al nudo, prive di casa, mobili, lingerie, e mezzi di provvedervi. La causa dell’incendio la  signora, ma da qualche indizio pare doloso, e si crede che il sig. giudice proceda in merito. La miseria da cui furono colpiti molti di questi abitanti è estrema. La carità degli abitanti non danneggiati non è sorda, ma insufficiente, per cui si è intanto fatto spiccare un mandato provvisorio pei maggiori bisogni di L. 150.


 Il Consiglio sottoponendo alla considerazione dell’Ill. mo V. Intendente un sì compassionevole quadro, lo prega:

  1. a voler tosto soccorrere con qualche sussidio provinciale tanta sciagura.
  2. a voler in ter por si coi possenti di Lui uffici per un sussidio Regio.
  3. nonché a voler diramare una circolare ai Municipi della Provincia, pregandoli a voler concorrere ad alleviare tanta miseria o con denari, od effetti.

Per la distribuzione dei soccorsi si è nominata una commissione nella persona delli sigg. parroco d. Gio Cantadore e Michele Molinari sindaco, Ambrosini D. Giovanni, Dotti Pietro e Martinetti Desiderio, quali non mancheranno di interporsi e commuovere la carità di privati benefattori. Non ometterà il Consiglio di far osservare, che nell’estinzione dell’incendio tutti gareggiarono di zelo ed attività, e meritano d’essere menzionati i reali carabinieri di Lesa, Dionigi Bonazzi di Magagnino, Andrea Falciola di Stropino, un bel numero di massinesi, ed alcuni abitanti di Nocca, tutti accorsi al sentore della disgrazia. Nel mentre il Consiglio trasmette copia di questa relazione all’Ecc.mo V.e Intendente, fervorosamente lo prega per l’oggetto di cui sopra.

Letto il presente e approvato dal Consiglio stesso, alii consiglieri sottoscritti: Molinari sindaco, Dotti consiliere, Ambrosini consiliere, Lamberti segretario. Da Pallanza arriva questa risposta: Visto, si manda al Consiglio delegato di Gignese di proporre tre periti per l’estimo degli stabili incendiati; Pallanza 12-9-1858. Vice Intendente Corderà.

In data 5 settembre il consiglio, constatato che l’incendio aveva distrutto “due terzi e più dei fabbricati, sia case d’abitazione e casci­nali”, delibera di vietare per il futuro i tetti in paglia. A Battista Delmenico di Stresa si affitta la zona di Turi per attivare una fornace per tegole, come già in precedenza per il Bertoli.

Ma questa delibera restò senza esito; ancora nel 1910, il sindaco Giovanni Zannone denunciava in una seduta del consiglio comunale il pericolo costituito dalle cascine a paglia: “L’incendio del 1851 ha distrutto mezzo il paese, e quello del 1858 ha distrutto l’altra metà. Si possono ricordare molti altri incendi che sebbene non fossero molto disastrasi, riuscirono però assai gravi. Di questi se ne possono contare una decina. [Egli ricordava] soltanto quello avvenuto nel luglio del corrente anno, e che Gignese ha potuto salvarsi da un grave disastro mercé l’aiuto dei militari che si trovavano in luogo accantonati, i quali con generoso slancio riuscirono a circoscrivere il fuoco. Causa principale di tutti gli incendi furono sempre le cascine a paglia, e tale fatto è da tutti riconosciuto, cosicché con altra deliberazione precedente il Consiglio Comunale di gignese se ha già proibito le nuove costruzioni di fabbricati coperti a paglia. Il provvedimento però non è stato sufficiente perché i proprietari delle cascine superstite, con una diligenza degna di miglior causa, si ingegnarono di riparare con cura le loro cascine a paglia, dimodoché oggi nell’abitato di Gignese si contano ancora trenta cascine coperte a paglia, che costituiscono un grave pericolo di incendio”.

Ma è solo nel 1933 che tale potenziale pericolo sarà definitiva­mente eliminato. A quella data, infatti, la commissione comunale di arte edilizia, plaude all’ordinanza potestarile che ordina la demolizione della copertura in paglia della stalla e cascinale Ferretti e Ambrosini [attuale bar ‘Ricci”}, sita nel centro dell’abitato, avanzo stonato e pericoloso”

Effige votiva a Gignese in via Roma: ricorda il grande incendio del 1858 che distrusse un terzo del paese, facile preda del fuoco con le numerose cascine e case con tetti di paglia.

Testi e foto tratti dal libro “Vicende e  memorie di vita civile e religiosa” anno 2009.