Entimologie e Leggende
« Gignese; abitanti Ginisìtt. Dev’essere forma lievemente divergente dal toscano Cinése, dal Pieri dedotto dal nome personale romano Genesius ». D. Olivieri, Dizionario di toponomastica piemontese, Brescia 1965, p. 175. « Dice una vecchia leggenda che quando il Signore, dopo aver distribuito il nome ai paesi del Verbano, giunse alle ultime abitazioni del Mottarone, stanco si sedette davanti una delle povere case. Agli abitanti accorsi e desiderosi di conoscere il nome che li avrebbe distinti dagli altri paesi nei secoli futuri, egli rispose sorridendo: Ingegnès! E da questa parola quei montanari trassero il nome di Gignese ». Assunta molinari (da « Verbania », 1910, p. 133). « Gignese da gignendo, “produrre”, quasi il suolo dia prodotti in abbondanza, sia si voglia preparare. Ma salta più agli occhi l’osservazione che si dicesse Gignese da “ingenuo, talento”, quasi s’abbia voluto emancipare il paese da ogni direzione, e lasciarlo al di lui giudizioso destino. Comunque sia: Errava a tutto ciel chi mai pretese, senza signore, “allocco” dir Gignese. Latrino i cani, il manzo muggia e via… Tal mi sta il nome e la geografia ». Don Carlo Ottavio Guzzi (da un registro parrocchiale) |

( "Uluch" é il nomignolo col quale venivano chiamati i Gignesini)
La leggenda più conosciuta, sulla formazione del paese, è quella del genovese Genesio Dotti. Se ne conoscono varie versioni; la più antica e squinternata è contenuta in una carta, datata.
28 aprile 1718, in possesso del sen. Carlo Torelli, il quale gentilmente ci ha consentito di trascriverla. Essa reca l’intestazione: Memorie della fondazione di Gignese raccolte da me messere F. Eccola:
« Da uno scritto antichissimo rilievo che il primo che abitò queste nostre contrade fu Genesio genovese il quale diede il suo nome ali’ paese; e dell’cognome si sa per certo che è Dotti perché trovasi scritto Docti Genesium. Ed ecco in quall’ modo egli prevene in questo luogo. Due partiti di republia scopiarono in quell’tempo nella Riviera di Genova uno a favore dell’doge che regnava da due anni in due anni e altro a favore dell’basso popolo cioè quelli che non erano nell’numero dei nobili, i meno considerati in onore e dignità.
Capo di questa seconda classe fu costituito Genesio che dopo un lungo e accanito combatimento la sorte si dicise a favore dell’doge e dei nobili suoi partigiani. Genesio ebbe tempo coll’favore di una notte oscurissima a fugire con tre de suoi figli e la moglie che doppo lunga peligrinazione si trovò nei bosschi dell’Margozolo. Ma fosse che la situazione che non gli sia gradita o che fosse dalle fiere presigitato deliberò di trasferirsi nell’ piano nominato Allocco. Ali’principiare dell’secolo undecimo cominciarono a fabbricare le prime abitazioni della emigrata famiglia genovese a piedi dell’monte detto de’ Cerri che noi volgarmente lo chiamamo il Cere. Non era ancora terminato di mettere a coperto il primo tigurio che a Genesio gli venne a mancare la moglie… Gradita gli sarebbe statta la situazione, il luogo ove abbitava il nostro Genesio, se avesse pottuto avere comercio con altri uomini di altre terre; ma [glielo impediva] la temenza di cadere nelle mani dell’feuditario Bernardino Della Torre di Vezzo. Costui era uomo audace e prepotente è era nominato “la torre della crudeltà e della ignoranza”. Il diritto feudale si crede che costui lo abbia acquistato per via di un matrimonio centrato con una parente delli Visconti… Le donne che fin allora gli avevano sperate invano di trovarle per essere compagne nella loro sorte gli venne fatto di trovarle pecchi giorni dopo la morte della moglie di Genesio mentre un giorno se ne andavano a diporto lungo la riva dell’fiume Erno e che trovarono tre figlie con l’estinta madre che amaramente piangievano. Costoro erano donne lombarde fugite dall’loro paese per paura di essere colite dall’ morbo pestelenziale che inondala tutto il milanese. Si a ancora per tradizione che appena furono sbarcate sulla riva dell’Erno le sudette donne furono scacciate come apportatrice dell’morbo.
Il nome sia delli uni che dell’altrui non si può sapere ».
Testi e foto tratti dal libro “Leggende, memorie storiche, aspetti passati e attuali di un piccolo Comune di montagna” Agosto 1981