Sera d’estate

“Sera d’estate”
 
Sera d’estate Quanto tempo è passato? non lo so. Così fresco nel ricordo, sembra ieri ma se tento un conteggio … quanti anni!
Una chiara sera d’ estate: non mi tenta la festa sul piazzale; spingo passi oltre la luce dell’ultimo lampione e m’inghiotte la penombra. Inaspettato, mi porta il vento un intenso profumo di tiglio; nel prato sottostante c’è un vivido brillio di lucciole sul fieno che tremola nel chiarore lunare. La Madonna del Sasso arde di candeline: un luminoso palpito di devozione e speranze.
Mi sporgo a sentire  dal ponte il cupo brontolio del torrente. Rifugio preferito dell’ infanzia, rimanevo incantato ad ammirare giganteschi massi di granito levigati dall’acqua.
Oltre il ponte, il sentiero si diparte a sinistra e sale ripido e nel bosco fitto d’ ombre.
Qui, l’unico rumore è il mio respiro, che si fa più affannoso ad ogni passo. Finché sbuco al pianoro che conosco. Intravedo le luci brillare di lontano tra le sagome dei colli. E finalmente approdo al ciglione erboso, sui prati dell’alpe Scincina.
Quante volte di qui sono passato, diretto all’alpe della nonna, e quante volte ho sostato, bevendo il latte generosamente offerto da care persone che hanno trascorso una semplice vita di fatiche e di gioie. Chiedendo poco e dando tutto, con un senso del dovere forse oggi smarrito; col calore di rapporti umani forse oggi perduto; con una lunga sapienza dei ritmi della natura lungo le stagioni, forse oggi ormai dimenticata.
Arriva da lontano il ritmico rumore delle ciocche: i campanacci delle mucche al pascolo, l’abbaiare dei cani e le grida concise di chi chiama le bestie. Lontano, la tonda curva del Mottarone si staglia cupa contro un cielo tra il rosa e il cinereo, nel giorno che sembra non voler finire. Più in basso ecco le luci di Gignese, di Nocco e poi del lago, con  sciabolate di fari a fondovalle. Un lontano rumore d’orchestrina arriva ovattato e intermittente, così come lo porta il vento. A mezzo il cielo, un luna rossastra mi guarda incuriosita.
Mi sdraio supino sull’erba, già umida e densa di profumi; guardo In cielo, dove lucignoli di nubi accendono tremule stelle… Non ho più domande, né tantomeno riposte. Sento che tutto è così incredibilmente  semplice, eppure inesprimibile, e che quindi non ho capito nulla. Guardo infine le luci del paese lontano: dove so che devo vivere. Sento che è giusto ricordare, ma che non han da prevalere la nostalgia e il rimpianto. Sento che la vita è la, dove sono chiamato a costruire con gli altri un futuro migliore. Così ogni giorno, per non dimenticare l’insegnamento dei vecchi, e la loro scodella di latte.

Testi e foto tratti dal libro “Vicende e  memorie di vita civile e religiosa” anno 2009.