E LA SUA STORIA
L’abitato di Gignese, capoluogo dell’omonimo comune, è situato a 700 metri d’altitudine sul pendio che dal Mottarone digrada verso il Lago Maggiore. Alle spalle lo protegge lo Sciare, una delle numerose colline moreniche formatesi nel corso dell’ultima glaciazione, e che caratterizzano il variato paesaggio del Vergante. Il paese è posto tra due torrenti: la Fiumetta o Grisana a nord e lo Scoccia o Erno a sud; e se ancora non sono affiorati resti archeologici a testimoniarne l’antichità, la zona dovette esser certamente conosciuta e frequentata già nella preistoria come passaggio obbligato verso la valle dell’Agogna e il Lago d’Orta. La natura del terreno (un micascisto che l’umidità rende friabile) ha favorito la forte e costante erosione operata dalle acque, con inconvenienti che si ripropongono periodicamente. Forse anche la zona presso l’Agogna fu già scavata in antico per l’estrazione del minerale di piombo; ma la miniera di Motto Piombino ebbe il suo apice solo a cavallo tra Otto e Novecento, dando lavoro anche a più di 100 operai provenienti dai paesi limitrofi e da varie regioni d’Italia. La leggenda vuole formato il paese da tale Genesio Dotti, fuoriuscito genovese del XII secolo, il quale sarebbe approdato alla foce dell’Erno con la moglie e tre figlie. Qui la moglie sarebbe morta di stenti, e la residua famigliola avrebbe risalito il torrente fino al passo verso l’Agogna, fissandovi la dimora. Come ogni bella storia, anche questa si conclude con un lieto fine: il matrimonio delle tre ragazze con tre baldi giovani di Vezzo e la nascita del paese. La prima notizia del paese è contenuta in un registro (Recordatio) del monastero di Arona, del 1269. Vi è ricordato l’obbligo, per un certo Braga de Zi-nexio, di pagare 3 lire imperiali per il possesso di un terreno di Rolando da Vedasco, situato con ogni probabilità sulle pendici del Mottarone. La zona, acquistata poi dai Borromeo, fu al centro d’interminabili liti per diritti di compascuo e per la definizione dei confini comunali. L’economia del passato era essenzialmente legata all’allevamento del bestiame, poiché l’altitudine e la posizione non consentono culture cerealicole sufficienti:alla metà del Seicento,a fronte di una popolazione di circa 300 abitanti, si contavano a Gignese 150 pecore e 180 mucche.
Una economia regolata da consuetudini e norme che ancora si leggono nei locali statuti del 1521. Altra ricchezza del paese erano i boschi, successivamente sacrificati per formare i pascoli di nuovi alpeggi e solo ai nostri giorni ritornati a coprire col loro verde manto i dossi ormai inselvatichiti dalle felci. Nell’istruttoria del 1722, per il catasto teresiano, il console di Gignese affermava che il territorio era «tra mezzo a due monti e due valli, e poco il godibile». I 400 abitanti ne facevano il comune più popoloso, ma l’emigrazione era alta: «il più degli uomini vanno per il mondo». A render precari i raccolti contribuiva, oltre alle temute tempeste, l’altitudine, con «la gran massa di neve, quale formandosi sopra detto terreno <dura> sino al mese di maggio ». C’erano tuttavia un’osteria (bettolino), un torchio d’olio certo di noci e nocciole, ma soprattutto due mulini e due folle da mezzalana, che costituiscono una significativa spia di quelle capacità imprenditoriali di cui daranno ampia prova molti emigranti.
La profonda trasformazione operata dal turismo e l’accresciuto benessere ad esso conseguente hanno pressoché cancellato le tipologie arcaiche dell’architettura contadina, caratterizzata da costruzioni basse, con portali in pietra, spessi muri a secco e scale esterne anch’esse in pietra, e da cascine coi tetti in paglia. Queste coperture favorivano il divampare di devastanti incendi, e furono quindi sostituite da piode e coppi. Più diffuse sono invece le costruzioni risalenti al Sei Settecento: alti caseggiati, con loggiati, spesso a colonne, con il portone che dava sulla strada e che favoriva l’accesso dei carri nel cortile interno, con il pozzo e l’immancabile immagine votiva. Della fede vissuta in concreto dai nostri avi testimoniano gli edifici religiosi, arricchiti da lasciti, donazioni, offerte. La chiesa parrocchiale, dedicata a s. Maurizio, guarda il paese dall’alto di un colle, quasi a volerlo proteggere e custodire. Del primitivo edificio, forse tre quattrocentesco, restano soltanto una cappella; al campanile cinquecentesco fu aggiunta nel Settecento la cella campanaria. Una lunga lite (1569-1609) oppose la comunità di Gignese ai canonici di Baveno a causa delle decime: la costituzione di una parrocchia autonoma non esonerava il paese dal pagamento di tali oneri alla matrice pievana. Tra il 1707 e il 1725 la chiesa fu completamente ricostruita nelle attuali forme. All’interno, la cui decorazione pittorica è opera della bottega di Rodolfo Gambini di Arluno (1903-1904), vi è una bella pala d’altare firmata da un discepolo di Gaudenzio Ferrari, Fermo Stella da Caravaggio, nel 1562. L’opera, raffigura un tema caro al pittore: una ( Deposizione dalla Croce ) compianto sul Cristo morto il cui modulo stilistico risente però di ormai stanca maniera.
Sotto l’altare vi è l’urna con i resti di un san Desiderio, estratto dalle catacombe romane e qui traslato nel 1665 per interessamento di (De Filippis) emigrati a Livorno e là arricchitisi. A levante del paese, al bivio dell’antica strada mercantesca Stresa Orta con la strada per Nocco, c’era nel ‘500 un tempietto dedicato alla Purificazione della Vergine, o Madonna di Eretta. L’edificio fu ricostruito a spese del comune nel ‘600, ed ancora nel primo Settecento; la facciata rimase incompiuta. Da una statua che qui si venerava, la dedicazione antica si mutò nell’ 800 in quella attuale a s. Rocco. Qui celebrava messa un cappellano nominato dalla comunità, il quale coadiuvava il parroco e faceva scuola ai ragazzi.Vi si ammira una statua lignea della Vergine in cornice barocca e un organo firmato Brunelli, del 1785. Legata all’ Erno e alle sue piene è la storia della Madonna del Sasso. Un viandante travolto dalle acque del torrente in piena invocò Maria ed ebbe salva la vita aggrappandosi ad un masso. Su quel sasso egli fece allora dipingere per voto l’immagine della Madonna del Rosario. Cresciuta la devozione, al sasso si addossò una Cappelletta che però franò nel torrente. Fu allora costruita una cappella in posizione più sicura, ma il popolo continuava a frequentare l’antica immagine, e quindi si pensò di tagliare il masso e di portare l’immagine in una nuova chiesetta , inaugurata nel 1939, ed ancor oggi cara ai Gignesini. La piazzetta centrale era il cuore dell’antico nucleo abitato di Gignese: qui c’era la casa del cappellano, che ospitò successivamente gli uffici comunali, le scuole, la banda. Più indietro nel tempo ci doveva essere una casupola, o casella, da cui prendeva nome la piazzetta e dove si tenevano le assemblee dei vicini per deliberare sulle questioni più gravi del paese. In seguito al lascito Colla il municipio s’impiantò nella palazzina che reca impronta dell’estrosità artistica del suo proprietario, l’arch. Angelo Colla (1827-1892). Con il cognato Giuseppe Talamona realizzarono la singolare Villa Crespi di Orta, ispirata allo stile moresco, con l’alta torre a foggia di minareto; di essi è anche l’altare del Rosario nella parrocchiale l’originale tomba al cimitero. Monumento ai caduti della Grande Guerra, l’edificio delle scuole costituì un grosso sacrifìcio finanziario per il paese, ma si rivelò una delle realizzazioni più innovative, sia per la capienza (ospitò la prima sede del Museo dell’Ombrello), sia per l’ubicazione, che favorì l’espansione dell’abitato verso la nuova strada delle Due Riviere costruita in quegli anni. Un ardito ed aereo ponte in cemento armato fu gettato sulle scoscese sponde dell’Erno, favorendo un più agevole e profìcuo contatto tra Cusio e Verbano. Le realizzazioni sociali più importanti furono ideate e realizzate grazie all’attaccamento al natio loco dei Gignesini della diaspora; i quali, partiti un giorno per guadagnarsi un pezzo di pane e avendo fatto fortuna, vollero ritornare per favorire chi era rimasto a custodire i ricordi e gli affetti più cari. L’emigrazione s’era già iniziata nel Cinquecento, e continuò in un crescendo che ebbe il suo apice verso la metà dell’ 800 allorché il paese parve sul punto di spopolarsi. Mentre le donne provvedevano ai lavori agricoli e domestici gli uomini che, partivano per l’Italia e per l’estero praticando i più disparati mestieri.
Tra questi, come testimonia il singolare Museo dell’Ombrello e del Parasole, assunsero un ruolo preminente gli ombrellai che, nella zona di Torino, giustamente famosa per le sue seterie, appresero a riparare e commerciare gli ombrelli e i parasole che la moda parigina diffondeva in Europa.Il museo, ideato nel 1939 dall’ agronomo Igino Ambrosini, a cui si deve anche il Giardino Alpinia, dal 1976 è allestito nella nuova sede promossa dall’ Associazione amici del museo. Al piano terreno sono esposti in circa 150 vetrine oltre 1000 pezzi: stoffe, impugnature, stecche, fusti, ecc., dal primo Ottocento ai giorni nostri. Al piano superiore si racconta la storia dell’ombrello, degli ombrellai, del loro gergo (tarùsc) e dei soprannomi di tutti i paesi del Vergante. Ma le rimesse degli emigranti non avrebbero tuttavia evitato al paese il suo declino se non fosse intervenuto un fatto nuovo e imprevedibile: il turismo. All’ inizio furono alcuni escursionisti inglesi a incamminarsi verso il Mottarone per goderne lo straordinario ampio panorama. Quando i mezzi di comunicazione resero più agevoli gli spostamenti, il flusso di visitatori che salivano dagli alberghi di Stresa e di Baveno divenne più sostenuto, e così operatori intraprendenti costruirono alberghi nei luoghi migliori per offrire conforto e ospitalità in ambiente eccezionale. I dintorni di Gignese furono tra i soggetti preferiti dai pittori lombardi di fine Ottocento, com’ è stato degnamente illustrato nella mostra Gignese en plein air, allestita nel 1984 presso il Museo del Paesaggio di Verbania. Il paese conserva però poche memorie di questa predilezione: in municipio vi è un autoritratto donato nel ’37 dal pittore Leonardo Bazzaro, che volle esser sepolto con la moglie nel piccolo cimitero. Sulla loro tomba campeggia la scultura Esaurimento, una delle opere in bronzo più intense del fratello Ernesto, autore altresì del medaglione di un altro Gignesino illustre, il geologo prof. Francesco Molinari. Infine, in una secentesca casa del centro si conservano dagli eredi pregevoli opere e bozzetti dello scultore milanese Umberto Milani. II turismo d’elite del primo Novecento ha dato una particolare impronta al paesaggio, contrassegnato dallo stile liberty. Lo sviluppo economico degli anni Sessanta ha parimenti favorito la richiesta di nuove residenze di villeggiatura e di nuove abitazioni, purtroppo in quantità e qualità non sempre ottimali.
Vista sul Lago Maggiore da Vezzo
Alcune foto di Gignese














Pioggia d’estate: gli ombrelli nell’unico Museo al mondo Servizio di Fabio Bolzetta in collegamento da Gignese (VB)
17 giugno 2019 – Stresa. Sono diverse migliaia le essenze botaniche che popolano il parco del Giardino Alpinia a Stresa. Realizzato negli anni ’30, per volere di Gino Ambrosini il parco è visitato ogni anno da circa turisti. Nel passato fine settimana l’inaugurazione stagionale.
GIGNESE –
24 Dicembre, Babbo Natale arriva su un calesse accompagnato dai folletti, con i regali che poi dalla sua casa distribuirà a tutti i bambini.
Gignese (VCO), Piemonte.
Vista spettacolare dal Monte Sciarè,